Nessuna quiete dopo la tempesta
Calciopoli: il momento di Bartali
Nei bar si tuona: «È tutto uno schifo». Ma vi sembra poco la Juve in B? E le altre condannate per indizi ambientali?
di Paolo Liguori 1/8/2006
Che una sentenza agiti l'Italia è normale. Che scontenti molti, altrettanto. Che scontenti tutti, accusati e accusatori, è un fatto straordinario. Una notizia. Così è Calciopoli.
Il giorno dopo la sentenza d'appello, tutti vogliono ricorrere, tranne forse Franco Carraro.
E i due grandi accusatori, Saverio Borrelli e Guido Rossi, fanno trapelare addirittura una minaccia di dimissioni.
Da una parte, si lamenta il linciaggio e la giustizia sommaria, dall'altra si parla di vergognosa indulgenza e di generosi favoritismi.
Quando le cose si mettono così, è il momento di Bartali. Naturalmente, Gino, il magnifico italiano medio, che «è tutto uno schifo, è tutto da rifare». Vi piace così? Allora, basta entrare in un bar qualsiasi, non c'è bisogno di leggere queste righe.
Per i pochi che vogliono insistere, ho l'obbligo di dire che ritengo equilibrata la sentenza della Corte presieduta da Piero Sandulli.
Intendiamoci, non bella o esemplare, ma equilibrata. Perché, al contrario di quanto è stato detto e scritto a piene mani, si trattava di riequilibrare lo squilibrio originato dalle indagini e dalla sentenza di primo grado.
Sono tra coloro che, fin dalla prima lettura delle intercettazioni, hanno chiesto una condanna certa ai sensi della giustizia sportiva e nessuna amnistia. Però, indagini vere e proprie, al di là di quelle già svolte da carabinieri e magistrati di Napoli, non ce ne sono state. Non c'era tempo.
Francesco Saverio Borrelli ha svolto frettolosi interrogatori, ha denunciato un muro di omertà e ha consegnato alla stampa il suo teorema. Discutibile e impreciso.
Con le intercettazioni in mano, si è capito subito che bisognava colpire e disfarsi del sistema Moggi. Lo hanno chiesto milioni di tifosi, lo ha capito perfino la proprietà della Juventus, che ha collaborato, anche se oggi si lamenta, per lucrare ancora qualcosa. C'era Moggi, il suo sistema e l'infezione ambientale, vale a dire le responsabilità di tutti gli altri. Con una differenza: su Moggi si doveva agire assolutamente, anche a rischio di attivare sulla Juventus una responsabilità oggettiva, sugli altri si poteva intervenire soltanto dopo una regolare inchiesta e un legittimo processo.
Ma in primo grado, alla Caf di Ruperto, non c'è stato un processo regolare. Neppure la composizione della Corte giudicante era legittima, come molti giuristi hanno fatto notare. Dunque, la prima sentenza era fuori dalla realtà, vergata sull'onda emotiva di una richiesta di giustizia a furor di popolo. Il frutto di una conduzione esagerata ed emergenziale del commissario Guido Rossi. L'Argonauta (la definizione la prendo a prestito) ha nominato i giudici, ha chiesto le pene e ha cercato per sé la miracolistica popolarità del risanatore.
A qualsiasi prezzo. Sia stata furia senile, oppure prodotto di tumulto popolare, l'idea di giustizia sportiva a spanne ha dilagato e alimenta i commenti sul colpo di spugna.
Ma Sandulli e la sua Corte hanno risposto a tutti.
Vi sembra cosa da ridere sbattere la Juventus in B? È una decisione storica, senza precedenti. E condannare Fiorentina, Lazio, Milan per semplici indizi ambientali, senza accusarli di veri illeciti? È una sentenza durissima, ma pacata.
Senza esagerazioni irreparabili. Mi piace, cambierà il calcio più di mille urla.
Vero, che troppi sono stati assolti, soprattutto tra gli arbitri. Vero, che le società pagano più delle persone.
Vero, che il marcio non è stato estirpato. Però Luciano Moggi da quest'anno resta a casa.A voi sembra poco?
Fonte
www.panorama.it
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